dino carlesi - teatro del silenzio 2009

I colori dell’anima - Pensieri riflessi

L’anima è un’essenza. Nella profondità della vita e invisibile.
Un volume di niente apparente eppure motore.
Energia.
Le religioni spesso se ne appropriano per caricarvi sopra una trascendenza e imprigionarvi dentro un limite alla libertà. Ma l’anima si rifiuta di tutto ciò perché non è consapevole e trasforma spontaneamente la sua energia in materia. È creatrice.
Solo i colori dell’anima sono visibili e lo sono attraverso la superficie di quella materia.
In questo senso vedo molte analogie tra “I colori dell’anima”, le opere di Hans Peter Ditzler e il “Teatro del silenzio”.
Tutte hanno un guscio che protegge il loro cuore tenero di poesia, fatto di niente.
Le opere di Ditzler, che è artista dell’immaginario intimo, come il Teatro del Silenzio nascono da materia povera, senza valore, essenziali per forma, semplici, espressioni di una idea. E nel loro divenire si accrescono. Diventano sovrapposizioni e solo al termine mostrano i volumi che in altre circostanze si ottengono con processi di scavo. Di sottrazione.
Fragili creature esposte alla violenza e per questo vestite con abiti duri e colorati a difesa della loro tenerezza.
Solo così la loro energia interna è protetta, si lascia vedere e vivere.
E contagia.
Pensieri riflessi e nello stesso momento riflessioni del pensiero che propongono un viaggio dove l’uomo generalmente ama andare da solo.
Dentro se stesso.

Presagio avverato di un prodigio infantile

Teatro come spettacolo che cala dal cielo a rinnovare la terra, testo musicale che riunisce a sé attori e spettatori e li trascende entrambi. Teatro che genera emozioni. Il pensiero vibra e rende sacra la comunicazione.

Consente all’uomo di riscoprire se stesso. Il canto e la parola volano alti nello spazio stabilito. Le loro forme si fanno testimonianza di un tempo. Nasce dalla cultura e alla cultura defluisce. Lo spettacolo eccezionale di Lajatico al “Teatro del Silenzio” riporta ad una sede antica e nuova, “a cielo aperto”, in “luoghi collinari”, dove i posti a semicerchio degradavano verso il centro, verso i cori, le scene e le orchestre. A Lajatico il grande gioco della comunicazione emotiva si ripete.

Eccezionale felicità geografica. La terra verso il centro sottostante, il cielo aperto al più eloquente dei silenzi, la ribalta stretta nell’abbraccio degli immensi spazi laterali. Uno scenario fantastico di verità terrestre e di energia celeste. In questa terra, dove il rigore estetico si riunisce alla liquida modulazione delle forme scultoree che si succedono da Mitoraj a pomodoro, a Ceroli, a Ditzler, si reinventano le categorie, le circolarità e le ferite sia del bronzo che della pietra, si adeguano ai piani e alle curve nel rispetto delle note che scenderanno dal cielo per calare sulla terra. Andrea lo facciamo nostro cogliendolo come elemento di sintesi tra lo spettacolo della sonorità e il senso della sua terra che lo riconduce e lo protegge. Con le sculture di Ditzler nel mondo entrano moduli prima inesistenti e ridanno al senso dell’effimero il valore dell’eternità per il suo eterno rinnovarsi. Un gioco dell’immaginazione dove ogni elemento non nasce dai dilemmi esterni, ma da interiori settori dell’arte. Già esistenti. Il miracolo corre tra le zolle della terra per farsi ammirare e per costringerci ad un nuovo modo di leggere e vivere il mondo. Andrea arriva a cavallo e Ditzler lo accompagna in questa esaltazione della semplicità. Lo spettatore è qui. La natura non sarà sempre bella ma sarà salvata dallo stupore della “forma” e del “canto”. Presagio avverato di un prodigio infantile.

Avita semplicità bucolica

Un cielo aperto al più silenzioso dei silenzi, dove la liquida modulazione delle forme sonore segue la rotondità e le ferite delle opere scultoree, fra le quali un uomo arriva a cavallo – dove l’arte dei suoni coincide con l’arte del pensiero – per obbedire alle altezze della musica, all’intensità, alla durata, alle frequenze, ai timbri. L’uomo calpesta la sua terra infantile, ritrovando in essa la sublimità di suoni e colori, dove il gioco dell’immaginazione nasce per interne armonie.
In questo scenario la scala musicale compie i suoi miracoli, una sequenza di rumori ordinati secondo l’ordine del pensiero e del cuore.
Avita semplice bucolica.